mercoledì 3 aprile 2013

Presa nuova giacca "per tutto" Marmot Palisades

Dopo cinque anni e quattro stagioni piene ho deciso di prendermi una nuova giacca da outdoor, montagna, viaggio, lavor etc.

Quella che ho portato fino a ieri (e che sicuramente porterò ancora per le situazioni più "a rischio" e per lo snowboard) è una North Face "Mountain Light Jacket" in Gore-Tex con interno in Primaloft staccabile, comperato separatamente. Gran giacca anche quella, sopravvissuta ad un investimento da parte di uno scooter mentre ero in bici (a me è costato due costole, a lei un piccolo strappo su una manica). Il colore però era un sobrio "ignition orange", che un po alla volta, dopo aver stancato tutti quelli che mi stavano attorno, ha stancato anche me. Inoltre ultimamente la chiusura della cerniera non era più così fissa: questo è il motivo principale che mi ha convinto a cambiare (oltre ad un'auto-regalo per una specie di "promozione" presa al lavoro).

Dopo aver bazzicato senza successo per qualche settimana lo spaccio della North Face che fortunatamente è qui vicino, ho deciso di indirizzarmi verso altri marchi, magari spendendo anche qualcosa in più.
Obiettivo: una giacca che potesse sostituire completamente la mia attuale, in Gore-Tex (avevo provato in passato l'Hyvent, ma non ha niente a che fare con il Gore-Tex: la mia impressione è che fosse si impermeabile, ma per niente traspirante e meno resistente), con interno staccabile, magari da prendere successivamente, e che potesse garantire la massima impermeabilità con un bel cappuccio, cerniere protette e polsi regolabili. Utilizzo previsto: camminate in montagna in estate e ciaspolate in inverno, snowboard, cicloturismo, ma la userò anche come giacca da "viaggio" e più in generale per uso quotidiano.

La scelta finale è stata questa.



Una Marmot Palisades, colore nero per evitare che un colore troppo acceso potesse stancare alla lunga (anche se quella rossa era molto bella).
Costo 290 €, scontata (fuori dai saldi) l'ho pagata 250 €.
Le caratteristiche principali sono:
- Gore-Tex
- cerniere e asole per interno staccabile (con grande sorpresa ho verificato che la mia giacca North Face in Primaloft che usavo come interno della vecchia giacca North Face è perfetta anche qui!). Senza l'interno la giacca non è termica anche se, dalla mia esperienza precedente, fino agli 0°C, se non si deve restare proprio immobili a prendere freddo, l'imbottitura non serve. Con l'interno in Primaloft non ho mai avuto freddo, neanche sotto i -10°C.
- cerniere sotto le ascelle per ventilazione aggiuntiva (utili)
- tasca anteriore con zip termonastrata e tasca interna nella fodera della giacca
- cappuccio regolabile grazie a un sistema con velcro e ad una coulisse elastica posti sul retro. I lembi anteriori del cappuccio si possono fissare con del velcro alla parte anteriore del collo. Si può sia staccare tramite cerniera che piegare dentro una tasca nel collo. Il frontino rigido è molto efficacie quando piove molto
- polsi regolabili tramite delle strisce semi rigide in velcro
- ghetta interna elastica a livello della vita (rimovibile) per proteggere dalle fastidiose infiltrazioni di neve
- le maniche sono un po' più ampie della mia giacca precedente, questo credo per permettere una miglior libertà nei movimenti.

Non ho ancora potuto provarla in condizioni estreme, ma l'impressione è molto buona: la qualità è altissima (probabilmente superiore alla North Face, lo vedremo alla lunga), i materiali sono di primo livello e le finiture molto curate.
Forse, data la maggiore ampiezza delle maniche è una giacca un po' meno "civile" della precedente, ma resta tranquillamente utilizzabile per l'utilizzo giornaliero.
Per quanto riguarda l'impermeabilità all'acqua e al vento il Gore-Tex resta una sicurezza, il sistema di chiusura cappuccio-collo è molto efficacie. Il sistema di chiusura dei polsi è efficacie, ma solo tirando molto il velcro: mi è capitato che i polsini della felpa sbucassero dai polsi della giacca e si bagnassero per non averli stretti ermeticamente (questo con i polsi semi elastici della North Face non succedeva).

Il giudizio nel complesso è molto positivo, non vedo l'ora di poterla provare nelle condizioni peggiori.
Inoltre esteticamente mi piace molto, nonostante sia un po' più tecnica dell'altra.
Dopo l'ottima esperienza avuta con la precedente voglio vedere se vale i 60€ spesi in più rispetto ad una paritetica North Face.

martedì 19 marzo 2013

Cycling to work - arriva la bella stagione

Oggi è il 19 marzo, ma l'altro ieri qui è nevicato. E' però da un paio di settimane che sto pensando all'arrivo della bella stagione, del cambio dell'ora e ai giri in bici dopo il lavoro. Ma quest'anno quasi quasi mi organizzo per andare al lavoro in bici. Ho già misurato, sono 8 km: alternanza di leggera discesa e leggera salita, un po' di traffico i primi 3 km e poi compagna fino alla zona industriale. So che dovrò svegliarmi almeno mezz'ora prima: sia perché devo far conto di almeno 25 minuti di trasferimento invece di 8 minuti, sia perché poi dovrò sciacquarmi e cambiarmi (negli spogliatoi della ditta) per non arrivare in ufficio già sudato e puzzolente. Ma ho deciso che ci provo: so quanto bene si sta dopo un giro in bici, per questo credo che andare a lavorare in bici sia un ottimo modo per eliminare lo stress pre e post lavoro. Inoltre spero mi aiuti a perdere qualche chilo di troppo accumulato durante un inverno piuttosto sedentario. Altro beneficio sarà sicuramente quello economico: 16 km risparmiati al giorno, con la macchina a gpl faccio 12-13 km con un litro, quindi più o meno 1 € al giorno. 20 € al mese risparmiati non sarebbero poco per un cambiamento così semplice. Spero che il tempo mi lasci iniziare entro la prossima settimana, poi vediamo come va. Dicono che una volta iniziato non si smetterebbe più: io ci credo. Quando avrò fatto la prima settimana scriverò qualche considerazione. Già non vedo l'ora.

martedì 8 maggio 2012

Il mio miglior investimento

I primi tre anni di superiori li ho fatti tutti in bicicletta. L'unico mezzo di trasporto che avevo a disposizione per muovermi autonomamente era la mia city bike Bottecchia edizione "America 500" (1992, 500° anniversario della scoperta dell'America) regalata alle medie dai miei genitori. Ogni giorni, se non pioveva, facevo 5+5 chilometri per andare e tornare da scuola, e poi per tutte le altre attività e per uscire la sera. Macinavo decine di chilometri a settimana e non facevo altro che aspettare che i miei genitori mi comprassero il motorino. Non tanto per la fatica, ma perché non volevo essere lo sfigato della situazione. Finalmente a 16 anni, due anni dopo tutti gli altri, mi hanno preso il tanto sospirato scooter e da allora non ho più toccato la bicicletta... Più toccata, tranne che in sporadiche occasioni e brevi tratti: per andare dalla stazione alla facoltà e viceversa avevo preso una bicicletta che di bicicletta aveva ben poco, ma che aveva il vantaggio di non essere appetibile per i numerosi ladri di biciclette che girano per la stazione di Padova. La storia di questa bici è stata breve: finita sfasciata, assieme ad una mia costola, dopo un brusco incontro con uno scooter. Due anni fa ho iniziato a interessarmi nuovamente alla bici e, nel giro di sei mesi, alla veneranda età di 29 anni, ho comprato una bici da corsa usata e una vera bici da trekking in una fabbrica di biciclette vicino a casa mia: una city bike con un buon cambio (media gamma) e una forcella ammortizzata. Sono state i migliori acquisti degli ultimi anni, soprattutto la seconda che è diventata il mio mezzo di trasporto preferito per il week end e per qualche giro.

martedì 21 febbraio 2012

Non buttare via niente... e il frigo di chi vive da solo

Ogni volta che riesco ad evitare di buttare via qualcosa, devo ammetterlo, provo una grande soddisfazione. Abitando da solo mi capita di non riuscire a finire tutto il cibo quello che ho in dispensa prima che diventi inutilizzabile secondo l'utilizzo consueto che se ne fa. Quindi bisogna trovare degli utilizzi alternativi.
Questa sera, arrivato a casa dal lavoro abbastanza tardi ho aperto il frigo e, oltre a qualche contenitore amorevolmente preparato dalla mamma, ho trovato un vaso di sugo di pomodoro fatto in casa che presentava un disgustoso strato di muffa sulla superficie. Aprendo poi il mobiletto di fianco ho trovato un sacchetto con del pane raffermo della scorsa settimana.
A quel punto, sicuro di non voler buttare tutto quel cibo che non ero riuscito a mangiare la scorsa settimana, sono andato su Google e ho cercato la ricetta della pappa al pomodoro. Ho scoperto che è un piatto toscano: non ero nemmeno sicuro che si facesse con il pane, ma volevo prendere spunto per fare qualcosa di simile.
Partendo da quella ricetta ho poi preparato il piatto secondo la mia interpretazione e gli ingredienti a mia disposizione:
- pane raffermo, talmente duro che si frantumava se si provava a tagliare
- sugo di pomodoro fatto in casa (ammuffito, ma generalmente non dovrebbe esserlo)
- olio extravergine di oliva
- aglio
- del pesto alla genovese fatto in casa
- sale, pepe e peperoncino

Rispetto alla ricetta trovata su internet mi mancava il brodo vegetale, il basilico (sostituito dal pesto) e i pomodori freschi, ma in questa stagione è meglio non comprare pomodori. Meglio la conserva fatta in casa l'estate scorsa.

Preparazione
Messo a soffriggere dell'aglio in un filo d'olio diluito in un filo d'acqua. Dopo un po' ho preso il pane raffermo ridotto praticamente a cubetti, l'ho buttato nella pentola e iniziato a mescolare in modo che si insaporisse.
Mentre mescolavo ho preso un cucchiaio e ho tolto lo strato di muffa sulla superficie del sugo nel vaso. Tolta quella e ripulito per bene con il cucchiaio l'interno del vasetto, quando il pane stavo iniziando a dorarsi, ho versato tutto il sugo (un terzo di un vaso da un litro) nella pentola sopra il pane. Ho poi sciacquato il vaso con dell'acqua e ho versato nella pentola anche quella. Ho mescolato frequentemente e nel frattempo ho aggiunto sale, pepe e del peperoncino. Lasciato andare finchè il pane non fosse abbastanza rammollito e l'acqua si fosse asciugata. Alla fine, prima delle ultime mescolate, ho aggiunto un cucchiaino di pesto.
Versato il tutto nel piatto e condito con un po' di olio extravergine d'oliva.
Una piatto spettacolare, tanto più che mi ha permesso di recuperare 200-300 g di pane raffermo e del sugo di pomodoro che non riuscivo ad usare da settimane.
Sicuramete lo rifarò, magari arricchendolo con qualche oliva, del basilico vero o altro.

martedì 14 febbraio 2012

Mezzo sacchetto al mese

Ho fatto il conto: sono 4 mesi che abito da solo e in questi quattro mesi ho portato fuori 4 sacchetti di immondizie (quello che viene chiamato secco o indifferenziato). Quattro sacchetti che come volume potrebbero esser stati 2: li ho portati fuori perchè dopo un mese un po' puzzavano.
E' vero, non abito qui sette giorni su sette e ogni tanto mi porto su qualche contenitore di cibo già cucinato, ma la questione non è che non ho prodotto rifiuti: di rifiuti ne ho prodotti, ma il 95% di quello che ho prodotto l'ho differenziato. Direi 35% imballaggi di plastica, 30% carta, 15% umido, 10% vetro (birra), 5% lattine di alluminio e acciaio. Resta un 5% di indifferenziato: imballaggi non di plastica, imballaggi troppo sporchi per essere messi nella differenziata, bastoncini cotonati e poco altro.
Obiettivi di miglioramento:
- ridurre l'utilizzo di prodotti con imballaggio di plastica a favore di prodotti confezionati in contenitori di vetro, alluminio/acciaio o carta (il top sarebbe prodotti sfusi);
- ridurre l'umido: il rifiuto umido è per il 99% cibo. Il cibo gettato è sempre uno spreco. Quindi l'obiettivo è quello di "ottimizzare" le mie colazioni e le mie cene (pranzo in mensa) per evitare che qualche alimento deperisca. C'è la controindicazione che in qualche caso si mangia la stessa cosa due o tre volte di seguito (soprattutto se si abita da soli), ma questo spinge ad usare la fantasia in cucina e preparare la stessa pietanza in modi diversi. Non sarebbe il massimo mangiare di più per finire prima l'alimento che deperisce: anche questo è, a modo suo, uno spreco e, oltretutto, ingrassa;
- fare più attenzione alla riciclabilità degli imballaggi dei prodotti che acquisto;

Inoltre ci vorrebero dei servizi che sarebbero molto utili:
- ad esempio mi "piange il cuore" ogni volta che getto una bottiglia di vetro nella campana: bottiglie perfettamente integre che basterebbe lavare e disinfettare. In Germania, ad esempio, per tutti i contenitori di vetro c'è una cauzione che viene restituita al momento del conferimento del vuoto a rendere.
- i distributori di prodotti sfusi sono ancora troppo pochi
- nei luoghi pubblici spesso non c'è la possibilità di gettare un rifiuto nel bidone appropriato e, dove questi bidoni ci sono, sono alla portata della pigrizia degli incivili e spesso diventano ingestibili.

Ci sarebbero molte altre idee... quello che ho dimostrato in poche righe è che una vita a rifiuto zero è sicuramente avvicinabile. E chiunque può tentare di arrivarci: a vantaggio della riduzione del numero delle discariche e degli inceneritori.

giovedì 9 febbraio 2012

Costi, investimenti o solo benefici?

Per un qualsiasi "utilizzatore", il risparmio di risorse ha come conseguenza diretta anche un beneficio economico.
Questa affermazione è inconfutabile, ma potrebbe far sorgere un'obiezione (una in particolare oltre a molte altre).
A fronte di che spesa arriva questo vantaggio economico? Può essere un esborso di denaro, un "consumo" di tempo o di risorse fisiche/mentali etc. Se l'utilizzatore della risorsa pensa (o calcola) che il beneficio ottenuto dal risparmio di quella risorsa non vale la spesa sostenuta per ottenerlo allora non mette in pratica l'azione virtuosa. In poche parole... se ne vale la pena lo faccio, altrimenti no: il problema è che per qualcuno potrebbe risultare uno sforzo troppo grande chiudere una finestra o gettare il foglio di carta nel cestino giusto, per qualcun altro può essere tranquillamente concepibile l'idea di non avere la macchina e muoversi solo in bicicletta o mezzi pubblici. La stessa differenza si può trovare di fronte ad un investimento economico: c'è chi è disposto a pensare ad investimenti con tempi di ritorno di 10 anni e chi non si convince a scucire dei soldi in più neanche con la dimostrazione che li recupererà in 6 mesi e poi sarà tutto guadagnato.
Può essere questione di educazione, di sensibilità, di senso civico, perché no, di fede e di molti altri fattori.


Esistono degli atteggiamenti e delle consuetudini che sono "win win": cioè tutti ci guadagnano. Spesso il "sacrificio" da fare per ridurre un consumo o eliminare uno spreco è inesistente, o solo "psicologico". A volte basta chiudere una porta, non lasciare aperta una finestra, mettersi una felpa invece di girare in t-shirt in casa durante l'inverno. Sono tante piccole cose "gratuite" o quasi che possono aiutarci a ridurre i consumi a vantaggio delle nostre tasche e non solo. Un risparmio di oggetti o materiali ha degli effetti anche sulla riduzione dei rifiuti, un risparmio di energia permette a chi la produce di aumentare l'efficienza media di produzione.

Poi ci sono le situazioni emblematiche che fanno capire chiaramente quali sono i potenziali benefici che si possono ottenere applicando i principi del risparmi e del recupero.
Un esempio di cui sento spesso parlare e che ogni volta mi incanta per la sua semplicità e per l'enorme effetto che potrebbe avere se prendesse piede è quello di Last Minute Market: last minute market è addirittura una società (vuol dire che dà lavoro a persone e crea profitto) che recupera i generi alimentari prossimi alla scadenza o in surplus di produzione per conferirli a realtà che ne hanno bisogno: quindi ci guadagna chi non deve smaltire i rifiuti, chi li acquista a prezzi bassissimi e last minute market che si occupa di di prestare questi due servizi contemporaneamente. Semplice e geniale.. Come tutti i generi di riciclaggio dei rifiuti e di recupero di qualsiasi tipo.

venerdì 3 febbraio 2012

Vivo a medio impatto ambientale

Non è una mania, una fissazione né tanto meno seguire una moda.
Credo che sia qualcosa che si è radicato in me negli anni dell'infanzia e dell'adolescenza: non tanto per "insegnamenti" ricevuti ma per l'esperienza di vita che ho fatto in famiglia e sicuramente dall'esperienza di vita fatta come scout.

Ma credo anche che, nonostante la mia attenzione a non lasciare una traccia troppo profonda del mio passaggio sia elevata, il mio impatto ambientale potrebbe essere molto inferiore.
Noto che mi compiaccio molto facilmente per le mie azioni virtuose e non mi rendo conto delle azioni "migliorabili" dal punto di vista dell'eco-compatibilità.
Una delle cose che vorrei fare in questo blog è portare esperienze e riflessioni quotidiane che possono essere d'aiuto nel ridurre il mio impatto ambientale... e magari non solo il mio.
Probabilmente quello che scriverò sarà banale, ma le idee spesso nascono dall'osservazione dalla "normalità".

Cosa centra questo con la bicicletta? Credo che una vacanza in in bicicletta, treno e tenda sia una delle tipologia di vacanza a minor impatto ambientale possibili: e il bello è che non l'ho fatta (e non ho intenzione di fare le prossime) perchè è ecologica, ma perché mi piace un sacco.